Caro Lando, lo Squalo sta arrivando!

Pubblicato il 1 dicembre 2025, 10:54 (Aggiornato il 2 dic 2025 alle 09:32)
La sindrome della leadership: entrambi scottati dal vertice
1) La fantastoria di Piastri sfiancato e svantaggiato dalle politiche del team Orange, ben deciso a vincere a tutti i costi il mondiale Piloti con un britannico anziché un australiano, equivale a una sesquipedale panzana. Piastri non è stato mai e poi mai perculato dal team e se va alla decisiva disfida di Abu Dhabi a -16 punti da Norris deve prendersela solo con se stesso e con la sua autolesionistica attitudine mostrata dal dopo Zandvoort fino al pre-Losail, con almeno cinque incidenti (tra uscite e/o collisioni) per i quali può essere indiviuduato come unico responsabile. Oscar, proprio come lo scorso anno, nell’ultimo quarto di mondiale ha spento l’abat-jour e tutto quello che è seguito l’ha visto diventare il peggior nemico di se stesso.
2) Lando Norris è bravo, forte, velocissimo e cresciuto assai, eppure qualcosa ancora non torna. Certo, a Zandvoort ha avuto tanta sfortuna, ma in Canada aveva letteralmente buttato via un risultato importante, franando follemente addosso al compagno di squadra Piastri. Perdendo punti che, guardati ora, varrebbero platino, altro che oro. I problemi di scatto allo start li ha risolti, ma resta l’impressione di un pilota che pena tantissimo in condizioni di sfida diretta, con tutta la fatica che fa fin troppo spesso a condurre in porto sorpassi cruciali. E poi anche l’incolore, moscio e pericoloso fine settimana del Qatar per lui è uno spaventoso campanello d’allarme. Perché finire surclassato in due qualifiche e in altrettante gare dal compagno di squadra - che sembrava agonisticamente premorto -, non è un bell’andare, anzi, a conti fatti, diventa la prova ulteriore di una sempre più allarmante realtà in casa McLaren e cioè la seguente.
C’è una sola cosa in comune che hanno Piastri e Norris, due che più differenti non potrebbero essere per carattere, attitudini e comportamento: la paura di vincere. Ossia l’insopportabile peso psicologico che diventa la leadership mondiale, una volta assunta. Come un ciclista che pedala a vuoto solo perché indossare la maglia rosa o la maglia gialla diventa una tortura, invece di una motivazione in più.
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