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Monza 2000, la tragedia e il rilancio

Il GP d'Italia di 25 anni fa fu teatro di un drammatico incidente nel quale morì Paolo Gislimberti, segnò anche il rilancio di Schumacher e della Ferrari verso il titolo
Monza 2000, la tragedia e il rilancio
© Getty Images

A rileggerla oggi, un quarto di secolo più tardi, fu una stagione di straordinaria bellezza e non solo per l’esito finale. Una testa a testa incerto tra McLaren e Ferrari, una sfida ricca di episodi cruciali tra i contendenti al titolo, Schumacher e Hakkinen.

Una bellezza sportiva macchiata, però, dalla tragedia, quella che portò via Paolo Gislimberti ad appena 33 anni, lui trentino che al Gran Premio d’Italia del 2000 era in pista con la squadra del servizio antincendio dei “Leoni CEA”.

L'incidente in partenza

La postazione, quella della Roggia, interno pista. Il dramma si consuma negli attimi del primo giro di gara, i secondi di una frenata alla variante, con i piloti in lotta per la posizione. Sì scatenò l’inferno, un incidente con più vetture coinvolte, a partire dalla Jordan di Frentzen, la stessa Ferrari di Barrichello e l’altra Jordan di Jarno Trulli. Nella ghiaia della Roggia finirono anche De la Rosa - dopo un pirotecnico carpiato dell'allora Arrows, decollata nella carambola - Irvine e Coulthard.

Duecento metri prima della via di fuga, i cavi di ritenzione delle ruote, nonostante fossero previsti sin dalla stagione 1998, non bastarono a impedire il distacco di una ruota dalla macchina di Frentzen. Insieme ad altri detriti, fu fatale per Gislimberti, che venne colpito e perse la vita per le ferite riportate.

La sicurezza sui dispositivi di ritenzione venne negli anni continuamente migliorata dalla FIA.

Hakkinen e lo smacco a Schumi 

Ecco, Monza 2000 è il momento drammatico di una stagione altrimenti esaltante, ancor più per i tifosi Ferrari. Il Gran Premio d’Italia arrivava dopo lo smacco rimediato da Schumacher a Spa, casa sua per intenderci. Il sorpasso da antologia che Hakkinen seppe inventare sul dritto del Kemmel, sfruttando il doppiaggio di Zonta, attore non protagonista di una ripresa da Oscar. Mika in scia a Michael, il Kaiser sceglie di doppiare la BAR sulla traiettoria ordinaria, il finlandese battezza l’interno e sbuca alla destra della Ferrari superandola alla variante di Les Combes. Vittoria e allungo in campionato su Schumacher, +6, McLaren a più 8 punti sulla Ferrari nel Costruttori.

Allora, la vittoria assegnava 10 punti e Monza era tra le tappe decisive di un mondiale che avrebbe avuto ancora solo le occasioni di Indianapolis, Suzuka e Sepang.

Monza dopo un'estate nera

C’è dell’altro. L’estate del 2000 fu da dimenticare per Schumi, con i ritiri in partenza a Zeltweg, in Austria, e in Germania. Battute d’arresto pesantissime sulle speranze di titolo. Così, Monza era un’ultima spiaggia per rimettere in discussione tutto.

L’anno prima, Monza - con i test che normalmente si svolgevano in Autodromo a precedere di una settimana il GP - aveva bocciato il ritorno di Michael in macchina dopo l’incidente di Silverstone.

Troppo duri i salti sui cordoli per sostenere quelle sollecitazioni con una gamba reduce dalla frattura scomposta di tibia e perone. C’era la voglia di Michael, c’erano le imbottiture nel cockpit, ma non fu abbastanza. I test con la F399 confermarono che il rientro doveva slittare ancora. Avvenne in Malesia, scrivendo la storia.

Il successo numero 41 come Senna

Un pezzetto di storia la scrisse anche Monza 2000, vinta da Schumacher davanti a Hakkinen e Ralf Schumacher. Successo numero 41, valse l’aggancio a Senna per vittorie all’attivo. Di quell’edizione resterà, probabilmente, nell’immaginario collettivo lo Schumi in lacrime nella conferenza stampa post-Gran Premio, quando gli ricordarono della vittoria numero 41. Fu la somma di emozioni, compreso un digiuno di successi che durava dal GP del Canada del giugno precedente: tre mesi di astinenza.

Con Indianapolis, vinta mentre Hakkinen era costretto al ritiro per problemi tecnici, Monza risultò decisiva per le sortì del titolo Piloti, inaugurò un poker di primi posti che ebbe a Suzuka l’apoteosi, il titolo dopo 21 anni di digiuno e consegnò definitivamente Michael alle Leggende della F1. Un anno di resurrezione sportiva dopo stagioni nelle quali non mancarono critiche anche dure al campione tedesco, mai con una monoposto in grado di sfidare alla pari i rivali per il titolo: la Williams nel 1997 e le McLaren delle stagioni 1998 e 1999.

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