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Arancia Meccanica a quota 200 vittorie!

La grande festa della McLaren con la vittoria di Norris in Ungheria
Arancia Meccanica a quota 200 vittorie!
© Getty Images

Mario DonniniMario Donnini

4 ago 2025 (Aggiornato il 5 ago 2025 alle 10:17)

Sapete qual è il senso di tutto? Il sorriso. La felicità di correre che sprizzano da ogni poro tutti i membri di questa McLaren. E dire che a inizio 2023 erano sprofondati nell’abisso con una macchina sbagliata, là, nell’inferno dei rovinati. “Okay, la rifaremo”, dissero - con Andrea Stella su tutti - e poi l’hanno rifatta davvero, portando la belva nuova già a metà stagione, a Silverstone, e finendo subito in coda all’allora stradominatore Verstappen su Red Bull.

Da lì in poi, tutto un crescendo, col trionfino nel Granpremietto del Qatar 2023, invisibile per le statistiche ma tosto, perché Max arriva dietro a Piastri e non riesce a completare la rimonta. Lì arriva il primo avviso di garanzia a tutta la F.1. Attenta, a Woking ti stanno indagando. Stanno studiando il modo di far saltare il banco. E la cosa favolosa è che a riuscirci è un gruppo formato da gente che fino a tre anni prima sembrava in un’altra lega, in dimensione wanna be, tra i vorrei essere e forse mai sarò.

La McLaren di Brown, Stella e Marshall

Zak Brown con la sua torrenzialità a tuttocampo, da Indy all’Imsa passando per la F.1 al WEC, pareva uno di quei casinari che mestano e rimestano ma non vincono mai un cavolo di importante. Dai, un allegro perdentone di successo. Andrea Stella, tanto bravo e carino, era ricordato più per essere stato lo splendido tecnico di riferimento di Alonso in Ferrari, fino al 2014, che per la sua lenta, silenziosa e sottotraccia ascesa in quel di Woking. La sua stessa promozione in plancia di comando, da Team Principal, poteva essere, secondo i soliti caustici maldicenti, quasi l’indice termometrico della crisi in atto. Lo stesso attingere alla Red Bull, prendendo il tecnico Rob Marshall, un vice, il gregario del genio, magari era la mossa della disperazione, perché sia come valore che per corporatura il tale poteva sembrare la custodia di Adrian Newey: lo suo maestro e lo suo autore, per dirla in dolce stil novo. 

Insomma, ai suoi tempi il divino e crudele Ron Dennis non amava i grassi, gli italiani e i piloti a palmarés zero. Sì. Proprio non sopportava quelli oversize e tutte le volte che trattava con qualcuno pienotto, gli diceva subito che, in caso d’ingaggio, avrebbe dovuto subito mettersi a dieta. Quanto agli italiani, la lunga e valida militanza di Luca Furbatto e le assunzioni di tanti altri - molti da lui caldeggiati - dimostrano che c’erano splendide eccezioni, ma Ron con noi Maccaroni non è mai andato a nozze.

E poi pensate a Piastri & Norris, che fino a tre anni fa rappresentavano un connubio formato da un irrisolto (Lando) che aveva un rapporto partenze/gare non vinte peggiore di quello di Chris Amon, unito a Piastri, il quale, fino al debutto in F.1, era un talento mezzo sprecato reduce da un anno fermo e da grane relative alla sua fuga schifata dal giro Alpine, sempre sia lodato.

Cioè, fai la somma e ti ritrovi un gruppone di personaggi in cerca d’autore, per curricula, trend, precedenti e situazione in classifica.

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