Patto della Concordia, c'è l'accordo fino al 2030 tra FIA e F1
Il documento si aggiunge al Patto della Concordia - Commercial, già siglato tra squadre e F1. La FIA si impegna a produrre altri investimenti sul campionato

Pubblicato il 20 luglio 2015, 02:22
Doveva essere un periodo di ambientamento nel Circus, e il contesto Marussia era perfetto. Un po’ come lo era stata la Minardi per Fernando Alonso, o la Hrt per Daniel Ricciardo. Un periodo di crescita lontano dai riflettori per passare successivamente in contesti più consoni al suo talento. È mancato il tempo, solo quello, ma la sua piccola grande impresa Jules l’ha realizzata anche in Formula Uno. Un nono posto nel Gran Premio di Montecarlo, che forse il tempo corroderà un po', ma il ricordo di quel dopogara rimarrà sempre nei ricordi di chi lo ha vissuto.
Qualche ora dopo la gara nel Principato ci disse: «Sono molto sorpreso, sapevo cosa avrebbe comportato per il team questo piazzamento, ma non avrei mai pensato che così tante persone avrebbero notato la nostra piccola impresa. Alla fine è un nono posto, e credevo che solo noi avremmo dato il giusto peso a questo risultato. Ed invece l’ambiente ha percepito, e per me è stata una piacevole sorpresa. Spero che il pubblico, gli appassionati, ed anche altri giovani piloti, riescano a capire che anche chi corre nelle retrovie ha i suoi obiettivi, indubbiamente meno ambiziosi dei “top”, ma inseguiti con la stessa voglia e tenacia di chi lotta nelle prime file».
Dopo quell’impresa Jules si fece il primo vero regalo della sua vita da pilota: ordinò una Bmw M4. Non lo disse a nessuno, se non ai suoi amici più stretti, perché non gli piaceva far sfoggio di status symbol. Un destino beffardo ha voluto che la vettura gli fosse consegnata poco prima di partire per Suzuka.
Possiamo prenderci in giro, dire che Jules è volato via facendo ciò che più amava, ma la realtà è che nulla vale il prezzo di una vita, neanche il fuoco di una passione. Jules Bianchi ci ha salutato con un arrivederci che poi è diventato un addio, e ci mancherà. Come è mancato, tanto, in questi nove mesi, quel suo tono di voce basso e il suo italiano perfetto tradito solo dall’accento francese.
Adieu, Jules.
Roberto Chinchero

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