I 50 anni di Juan Pablo Montoya: il ribelle che provò a sfidare Schumi

Veloce, ribelle, dalla lingua tagliente e troppo propenso all'errore, Juancho era formidabile nelle giornate buone, ma troppo incostante in una carriera tramontata, in F1, troppo precocemente rispetto al talento
I 50 anni di Juan Pablo Montoya: il ribelle che provò a sfidare Schumi
© Getty Images

Per alcuni, è stato un grande talento sprecato. Per altri, un buon pilota con l'ego ben più grande della sua bravura al volante. Come sempre, la verità sta un po' nel mezzo: Juan Pablo Montoya è stato un pilota veloce, a tratti velocissimo, ma alla fine troppo discontinuo nell'era in cui la sua grande nemesi, Michael Schumacher, aveva fissato troppo in alto l'asticella della velocità ma soprattutto della costanza. Ed i 50 anni che Juancho compie oggi (è nato il 20 settembre 1975), sono un modo per rispolverare la carriera di un pilota sempre discusso, con l'idea di base che avrebbe potuto fare molto, molto di più in F1.

Un tramonto troppo precoce

Perché il punto è questo: Montoya, nelle giornate sì, aveva la stoffa per sfidare Michael Schumacher. Solo che mentre Schumi era un mostro innanzitutto di costanza, non solo in gara ma soprattutto tra una gara e l'altra, "Juancho" era l'uomo capace del numero pazzesco ma poi anche della rovinosa caduta al weekend successivo. Alti e bassi che non se ne sono mai andati, che lo hanno accompagnato fino al tramonto di una carriera fin troppo precoce, in F1, per il piede pesante che era; finì tutto nell'estate 2006, in seguito ad una tamponata al suo compagno di squadra Kimi Raikkonen, con Ron Dennis stufo di lui e disposto a far salire a bordo il tester De la Rosa pur di lasciarlo a piedi. Finiva nella ghiaia di Indianapolis, l'avventura in F1 di Montoya: curiosamente, proprio dove aveva scritto le pagine migliori della carriera.

La scommessa di Sir Frank

Perché il biglietto da visita di Juancho, quando Frank Williams lo andò a pescare dal campionato CART, era di quelli che fanno fiutare il talento. Con una mossa già fatta a suo tempo con Jacques Villeneuve, Sir Frank puntò molto sul colombiano classe 1975: titolo vinto al debutto nel 1999, 500 Miglia vinta al debutto nel 2000. Roba sufficiente per fargli avere un contratto in F1, per il 2001. Un'annata da debuttante, a 26 anni: si presentò con la spavalderia dei grandi, facendo a ruotate con Schumi in Brasile appena alla terza gara.

Le due grandi occasioni

Già, Schumi. Rispetto a Raikkonen e poi Alonso, Montoya è stato il rivale più sfrontato (ma, alla lunga, il meno forte dei tre) dei primi anni Duemila. Verso il Kaiser, non ha mai mostrato il timore reverenziale di tanti altri colleghi; non lo temeva e lo diceva apertamente, cercando quasi con volontà lo scontro. Ce ne sono stati tanti, tra lui e Schumi: uno, memorabile, al primo giro dell'edizione 2004 della gara di Imola, con Schumi che lo accompagna sull'erba della Tosa spiegando poi in conferenza stampa di "non averlo visto"; serafica la risposta di JP: "Devi essere cieco, allora...". Roba così, roba di ordinaria follia per un pilota che la grande occasione l'ha avuta (e sprecata) due volte: nel 2003, con una Williams-BMW pazzesca, uscì sconfitto dal duello iridato a tre con Schumacher e Raikkonen; nel 2005, al fianco di Kimi in McLaren, non fu mai un contendente al titolo come invece quella MP4-20, fragile ma velocissima, avrebbe meritato. Forse, fu proprio quel 2005 a mettere una pietra tombale sulla carriera di Montoya: insieme ad Alonso lui e Kimi dovevano essere i migliori, invece non ci fu storia e nel confronto, Iceman, semplicemente lo stracciò. Tra il fuoco colombiano ed il ghiaccio finlandese, vinse agilmente il secondo.

A modo suo

E allora eccoci di nuovo qua: Juan Pablo Montoya, è stato un talento sprecato? Di sicuro, aveva il piede per vincere più delle sette gare che ha vinto. E di sicuro, aveva una classe che gli avrebbe potuto permettere di restare in F1 ben più a lungo delle sue cinque stagioni e mezzo in griglia di partenza. La verità, è che Montoya ricorda un po' quei calciatori talentuosi ma ribelli e, per questo, con tratti comportamentali che ne limitano la resa agonistica; scontrosi, arrabbiati col mondo, sempre pronti a far arrivare la lingua un po' più in là rispetto a dove possono far arrivare la palla o la ruota, che si tratti di sport con la palla o di motori. In altre parole, possiamo dire che Montoya sia stato il grande rimpianto della sua Colombia: nato e cresciuto in una città bella ma non facile come Bogotà, si è sempre portato dietro quel senso di ribellione non sempre canalizzato nei condotti giusti. Doveva essere benzina per emergere, fu un freno davanti alle migliori opportunità. 

Ma oggi, nel giorno in cui Juan Pablo Montoya compie 50 anni, tutto ciò non conta più. Nel bene o nel male, conta ciò che ha lasciato: l'immagine di lui, su quella Williams-BWW bianca e blu, è roba iconica della F1 di inizio millennio. E' andata come andata: poteva andare certamente meglio, ma se c'è una cosa che Juan Pablo Montoya non rimpiange, è aver vissuto tutto ciò in modo originale: a modo suo.

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