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15 set 2025
Prossima gara e primo match ball in casa McLaren per vincere il Costruttori. La Formula Uno se le inventa tutte per rimandare il più possibile i verdetti, ma a quanto pare la giustizia segue il suo corso e la legge del più forte dice che chi se lo merita vince presto. Questo è quanto. Ed è una gran bella cosa, per certi versi. Per vari motivi. Primo, perché non è mai successo che un team britannico fosse percepito così italiano. Certo, a questo contribuisce molto la leadership di Andrea Stella, il suo imprinting, ma anche il fatto che mai come ora all’interno del team orange la colonia dei tricolori è forte, importante e piazzata in posti nevralgici, con l’aerodinamica in prevalenza su tutti. Secondo, c’è il fatto dello stile. Perché da una vita i team britannici a noi italiani stanno tutto meno che simpatici. E non voglio dire antipatici, ma solo che sono percepiti distanti, non omogenei, affascinanti, tuttavia altri.
La Lotus era un coacervo di genialità. Una sorta di antro magico, fascinoso, geniale, per certi versi misterioso, inavvicinabile e invidiato. La Tyrrell aveva un che di casareccio e allo stesso tempo differente, perché era piccola, a carattere familiare, ma anche immensamente e inarrivabilmente british. Insomma, si poteva empatizzare, ma lo Zio Ken restava lo Zio Ken.
Poi c’era la Brabham di Bernie Ecclestone e Gordon Murray, i giochi di potere di Mister “E”, l’unghia laccata e le T shirt dei Sex Pistols sfoggiate in griglia di partenza da Gordon Murray. Insomma, roba up, pure da divertirsi, materiale con cui fraternizzare, anche in questo caso belve da corsa da non dimenticare mai più, però niente a che vedere con l’italianità, malgrado l’Alfa Romeo.
Quanto alla McLaren dei bei tempi andati, peggio mi sento. James Hunt per quanto matto, adorabile e simbolo dell’epoca meravigliosa dei Seventies, non c’entrava niente con noi italiani, anzi, resta il simbolo involontario e per certi versi meritevole dell’epocale sconfitta di Lauda e della Ferrari al Fuji 1976, quindi, no, non ci siamo. E pure il suo team boss Teddy Mayer non poteva avere niente di entusiasmante per chi amava e amerà per sempre Enzo Ferrari e Mauro Forghieri; robe troppo diverse e disomogenee per essere paragonate.
E il superdirigente coproprietario della generazione successiva, Ron Dennis, poteva stare simpatico solo al direttore di banca di Ron Dennis. Nulla da dire sul piano della capacità organizzativa, delle capacità e della spietatezza, per carità, ma saper interpretare la mediaticità, il gusto degli appassionati e mettersi sulla loro lunghezza d’onda non sono mai stati i suoi punti forti. Anzi, a dirla tutta, è sempre sembrato vero esattamente il contrario. Quanto alla Williams, parliamoci chiaro, dal punto di vista umano è sempre sembrato un postaccio. I mondiali persi malamente, i sistematici licenziamenti degli iridati in carica, quella capacità tutta loro di anteporre il marchio al contributo del pilota, la stessa dichiarazione di Patron Frank di ritenere più importante il mondiale Cstruttori di quello conduttori... Insomma, sinceramente, dando uno sguardo complessivo, fino a oggi tutto il nucleo storico di quelli che il Drake chiamava con una punta di malcelata superiorità garagisti o assemblatori, poteva essere invidiato, stimato, idolatrato, ma non esattamente amato e gustato.
Questa McLaren di Stella e Brown, no, è altra roba. Perché loro sorridono, rifuggono le polemiche, sono i soli che da mille anni a questa parte fanno terribilmente sul serio avendo l’aplomb di chi sa mantenere calma e un certo stile nelle sfide e perfino nei più aspri confronti dialettici. Questa McLaren “from zero to hero” ha qualcosa in più e diverso dagli altri non solo in pista ma anche nell’approccio dialettico. Nella capacità di tenere la scena. Nella voglia di gestire i piloti in modo equo e non strumentale. E di rispettare gli avversari e i propri due paladini cercando di rimuovere ogni volta fonti di possibili ingiustizie e diseguaglianze. Si chiama charme, fair play, approccio magico, postura galantomista.
Chiamatela come volete, ma quello che la McLaren di Stella e Brown sta dimostrando da metà 2023 a oggi è molto più della semplice capacità di saper costruire e gestire delle macchine da corsa. Sembra piuttosto di avere a che fare con gente che sa campare, ponendosi al livello degli appassionati e di chi ama e sogna una Formula Uno diversa e meno incazzata, cattiva e inavicinabile di quella che invece emerge in tanti altri episodi degli altri top team dell’era moderna. Insomma, la McLaren di Stella & Brown non solo è la squadra più forte di tutte nella scorsa stagione e in questa, ma pare anche avere in sé tante cose diverse e positive rispetto alle altre compagini. E poter festeggiare la conferma nel mondiale Costruttori prima possibile sembra tanto una gran bella notizia. Sperando che questo stile, questa ventata di freschezza, questo nuovo modo di approcciare le corse, facciano scuola e proseliti anche altrove. Con tutto rispetto per i grandi del passato e tanta fiducia per i grandi del futuro.
Brava McLaren. E grazie di esserci.
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