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Hamilton, una vacanza con i demoni da affrontare: quando la realtà è diversa dai sogni

Lewis Hamilton si sarebbe aspettato qualcosa di diverso dalla Ferrari, e forse anche la Ferrari da lui: l'inglese ora è pieno di dubbi, anche su se stesso
Hamilton, una vacanza con i demoni da affrontare: quando la realtà è diversa dai sogni
© Getty Images

Sedotto, non ancora abbandonato, ma con qualche dubbio in più. L’estate di Lewis Hamilton non è di quelle spensierate, di quelle serene, di quelle in cui ti puoi permettere di andare in vacanza e già fare due conti su quando e dove vincerai il titolo mondiale. Ci è passato, Lewis, così come è passato da altre annate difficili: e pure, quelle parole incerte, quelle esitazioni nel rispondere e quegli occhi in cerca di conforto, sono insoliti anche per chi sta nel giro dal 2007.

Alonso e Vettel, Lewis vuole un esito diverso

Lewis dalla Ferrari è stato sedotto, ma non ancora abbandonato. Non lo abbandona il desiderio di vincere con la Rossa, non lo abbandonano quelli che lo hanno fortemente voluto a Maranello. Eppure, qualche dubbio in più come dicevamo c’è, perché Lewis ha preso coscienza di una realtà che sicuramente immaginava diversa, forse anche più disposta ad ascoltarlo. È una questione di metodologie, di abitudini, diciamo perfino culturale. Non è solo una questione di Inghilterra o Italia, è proprio una questione di ambienti diversi: ci sono consuetudini radicate in ogni azienda, ed è più facile che sia l’individuo quello ad essere costretto ad adattarvisi che non il contrario.

Cambiano le epoche, restando le squadre, ma cambiano le persone che la compongono: Schumi, per dire, guidò una sorta di rivoluzione nella preparazione, che cominciava con l’attaccare un’ora prima con i test e proseguiva con briefing infiniti; al contrario, quando Vettel di fronte ad un problema diceva “noi in Red Bull facevamo così”, scontentava parecchie teste che si trovavano nella sua stessa stanza. Hamilton, ai campioni del passato, ha fatto riferimento: ha lottato con Alonso e Vettel, e conosce perfettamente il loro valore; sa anche che quel valore non è bastato per portarli al mondiale, per colpe più sbilanciate verso la macchina che verso i piloti; e sa pure che non vuole fare come loro, sebbene lui, adesso, si trovi nella condizione più critica di tutti: rispetto a Nando e Seb, ha molto meno tempo per aspettare.

Tra i problemi, la SF-25 e Charles Leclerc

Fosse giunto a Maranello ad un’altra età, Lewis Hamilton avrebbe potuto avere un po’ di pazienza e tanta prospettiva in più. Ora però che la carta d’identità dice 40, tutto questo tempo Lewis non lo ha. Guardando al campionato precedente, si era fatto persuaso (come tutti, a Maranello) dell’idea che lottare per il titolo già quest’anno fosse possibile. Invece, non solo del titolo non se ne parla più sin dalla terza gara, ma sta venendo fuori l’annata peggiore di sempre nella lunga carriera di Hammer: non gli era mai successo di mancare il podio nei primi 14 GP stagionali. Lewis, ormai si è capito, è come gli squali: quando sente il sangue del bottino grosso, diventa una belva; quando invece quel sangue non c’è, fa più fatica a dare il massimo per un piazzamento modesto, che non sposta i numeri della sua immensa in carriera. In questo, per dire, non è un Fernando Alonso, capace di legarsi al dito un duello con Palmer, in una Monza di qualche anno fa, mentre lottava per posizioni infime; in questo Lewis è diverso, perché dal trasferimento a Maranello non chiedeva niente di diverso dalle vittorie. E invece, per ora, niente sta andando come avrebbe voluto: la SF-25 non è competitiva come sperato, la squadra non lo ascolta come lui vorrebbe e nel frattempo, Charles Leclerc, lo mette in crisi in pista. 

Hamilton: stringere le briglie

È da qui che sorgono i dubbi, le titubanze, le riflessioni. Con quelle parole che fanno rumore, sul fatto che se una macchina è in pole e l’altra 12°, allora Ferrari "farebbe bene a cambiare pilota". Magari, Lewis non si sente neanche “coccolato”: tante altre volte ha avuto la vita più semplice, oggi non è così e, anziché diventare trascinatore, Lewis si sta facendo trascinare giù dallo sconforto. Magari, dal campione che arriva, ti aspetti anche qualcosa di diverso, ma lui semplicemente questo qualcosa non riesce a darlo. Troppo enigmatico ai microfoni con frasi che lasciano spazio alla dietrologia, poco convinto a volte in pista, alle prese con una vettura che non gli piace.

Aveva firmato sperando nel 2026, poi si era illuso che potesse esserci un’opportunità già nel 2025, prima di prendere coscienza della realtà. Può darsi che, in tutto ciò, sia nato anche il retropensiero del ritiro, faccenda con cui un quarantenne dovrà sempre fare i conti. In vacanza, insomma, Lewis Hamilton ci va con qualche demone da affrontare. Ma deve ricordarsi che non è ancora stato abbandonato: il Cavallino Rampante non lo ha ancora disarcionato, è il momento di stringere le briglie ancora più di prima. Perché la storia tra Lewis Hamilton e la Ferrari, non può essere solo una serie di piazzamenti modesti.

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