Ferrari, retrogusto amaro per Mekies boss Red Bull

A Maranello è passato inosservato. Intanto i top-team e le ambiziose Aston Martin e Sauber/Audi intercettano la miglior cultura tecnica
Ferrari, retrogusto amaro per Mekies boss Red Bull
© Getty Images for Oracle Red Bull Racing

Fulvio SolmsFulvio Solms

Pubblicato il 24 luglio 2025, 10:10 (Aggiornato il 24 luglio 2025, 10:16)

Mettiamola così: la Ferrari porta fortuna. Molti tra quelli che hanno lasciato Maranello - per scelta loro o dell'azienda - sono riusciti a esprimersi altrove, fornendo competenze che lì nella Scuderia sarebbero risultate preziose. Il paradigma è rappresentato da Stefano Domenicali, dimissionato ormai agli inizi del 2014 (era un'altra Ferrari, presidente Montezemolo, e presto sarebbe arrivato Marchionne): ritenuto evidentemente non più all'altezza, andò a fare la fortuna di Audi, di Lamborghini e infine dell'intera Formula 1. Per gli Azionisti e i vertici di Liberty Media, oggi è in odore di santità.

Una carriera di prim'ordine passata inosservata

Qui non si vuole ripercorrere la lista dei fuoriusciti, ma ricordare come la promozione elevata al cubo di Laurent Mekies dovrebbe far riflettere. C'è evidentemente qualcosa di sbagliato nel sistema Ferrari se tre anni fa allo sguardo del presidente John Elkann - che a torto o ragione cercava accanitamente un sostituto per Mattia Binotto - l'allora direttore sportivo risultò trasparente. E dire che Mekies aveva un vissuto di primissimo ordine: s'era fatto le osse alla Arrows, era passato in Minardi con crescenti responsabilità nei primi anni della Toro Rosso, in FIA era addirittura diventato l'erede naturale del grande Charlie Whiting (ineguagliato arbitro del Mondiale, morto all'alba del 2019) prima che o prendesse proprio la Ferrari per farne il suo diesse.

L'allontanamento di Binotto lo ha spinto altrove: nelle braccia del gruppo Red Bull. Ha preso in mano la Racing Bulls, le ha dato e le stava dando una bella sistemata quando - eccoci alla nostra personale fitta intercostale - i vertici dell'azienda Red Bull hanno visto in lui tutto quel che alla Ferrari era sfuggito. Di qui, come dicevamo, la promozione al cubo: non solo al vertice del team Red Bull al posto di Christian Horner (senza entrare qui nel merito della complessa vicenda che ha riguardato lo spice boy), ma acquisendo tutte le pesantissime deleghe che questi aveva e dunque non solo team principal, ma anche amministratore delegato. In Racing Bulls lo era Peter Bayer, che però è rimasto a Faenza. Fa male dunque constatare come il pianeta Red Bull si sia rafforzato grazie a quello che oggi somiglia a un gentile regalo della Ferrari.

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