La Red Bull riuscirà forse in un’impresa storica ma paradossale: l’abilità di mettere in pista una monoposto in grado di vincere il mondiale e al tempo stesso un team capace di perderlo. La “pace armata” tra Mark Webber e Sebastian Vettel all'indomani del demenziale incidente al Gran Premio di Turchia, che aveva coinvolto i due della Red Bull, non regge.
A Silverstone l’australiano ha tagliato il traguardo davanti a tutti al termine di una gara capolavoro, costruita già al via con una partenza perfetta. Tanto perfetta da risultare migliore di quella del poleman Vettel. Al quale la Red Bull aveva dato in qualifica l'ala anteriore evoluzione – ripresa comunque da quella utilizzata dalla Force India – togliendola dalla monoposto dell’australiano; che quella decisione se l’è legata al dito. “Adesso dobbiamo parlare seriamente”, ha detto Mark subito dopo la strepitosa affermazione a Silverstone, la terza stagionale. Il riferimento è chiaro: il team deve piantarla di trattarlo come numero due, cioè poco più che un gregario. E' andato giù duro con la Red Bull, Webber. “Non male per un numero due", ha detto l'australiano appena sfilatosi il casco. E ha aggiunto con rabbia "Se avessi immaginato questo genere di trattamento da parte del team, non mi sarei accordato con la Red Bull anche per l’anno prossimo. Certe decisioni non mi piacciano proprio”. In sostanza, è il ragionamento di Make, non si può continuare in questa maniera.
L’australiano rivendica dunque il suo ruolo, che è quello di un pilota che nella prima fase del campionato ha vinto più di ogni altro, che è veloce in qualifica – e chissà che cosa avrebbe fatto con l’ala evoluzione? – e in gara. Che ha in carniere più punti della stellina tedesca Sebastian Vettel.