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L'appello di Stell porta alla difesa iridata
Alla festa aziendale dello scorso anno, il Team Principal della McLaren era stato il primo a preoccuparsi del mondiale costruttori 2025 e i suoi avevano risposto compatti ed entusiasti, urlando di non voler restituire il trofeo FIA appena vinto. Missione compiuta, dunque. Ma adesso tocca a Piastri & Norris vs Max. Vinca il migliore? Per il bene degli orange, speriamo proprio di no…

6 ott 2025
Lo scorso anno nella sede della McLaren, poche ore prima di venire a Imola per ritirare il Casco Iridato di Autosprint, Andrea Stella aveva indetto insieme a Zak Brown una gran festa nella sede della McLaren, alla presenza del trofeo FIA simbolo del mondiale Costruttori appena vinto. Il Team Principal umbro, nel bel mezzo del party, aveva fermato i suoni e inscenato un coup de teatre, dicendo, stile DJ, alla folla giubilante:
- Eeeehhiii, vi sta piacendo tutto questo? - Sììììììììììì!!!
- Bene, volete che ce ne siano altre, qui da noi, di queste celebrazioni così? - Sììììììììììì!!!
- Allora questo trofeo, cosa facciamo, lo diamo indietro o facciamo di tutto per tenercelo?! Tutti muti.
E di nuovo Andrea da consumato MC (master of cerimony): - Ci hanno dato questo premio perché abbiamo dimostrato di averlo meritato, ma, da regolamento, alla fine dell’anno prossimo dovremmo riconsegnarlo. Cosa facciamo, dunque? Vogliamo davvero ridarlo indietro?.
- Nooooooo!!!
Il senso di tutto quello che è capitato sta qua. Arrivata in cima, anzi, tornata alla ribalta, la McLaren preferisce restarci. Perché sente e pensa di avere la forza, il know-how e la creatività per confermarsi team leader della Formula Uno e Costruttore al top per almeno due stagioni consecutive. Eguagliando il primissimo ciclo vincente della McLaren-Tag- Porsche di Ron Dennis e Mansour Ojejj, campione del mondo Costruttori nel biennio 1984-1985, ai tempi di Prost, Lauda, del progettista Barnard e del motore turbo V6 di Mezger.
Ora davanti c’è il record aziendale, difficilmente battibile, del ciclo Senna-Honda, con la partecipazione di Prost, tra la fine del primo turbo e il ritorno dell’aspirato, quando i mondiali consecutivi per Case divennero quattro, dal 1988 al 1991.
Ma, se questo potrebbe essere il target aureo, il domani e il dopodomani della squadra, tanto vale guardare e gustare l’oggi. Pochi giorni fa, Zak Brown ha confermto la chiusura della vendita di quote di McLaren Racing, valutata nella stratosferica cifra di 4 miliardi di dollari. Mumtalakat e CYVN Holdings salgono così al 100% della proprietà in una cessione iniziata nei primi mesi dell’anno e che comprendeva ancora un 30% di quote da cquisire. Secondo il CEO della Casa di Woking il valore dei team di F.1 non ha raggiungo ancora il suo apice e continuerà a crescere, assicurando gioia e autostima a chi ha investito cifre da missione lunare. Messa in altri termini, questa è la nuova era aurea della McLaren, a cinquantuno anni esatti dalla prima delle dieci vittorie tra i Costruttori complesivamcomplesivamente ottenuti. Al tempo ci pensarono Teddy Mayer e Tyler Alexander a fare strike nella plancia di comando del team, ben assecondati in pista da uno scatenato Emerson Fittipaldi, al volante della leggendaria M23 progettata da Gordon Coppuck, insieme alla Maserati 250F e alla Lotus 72 la monoposto più longeva nella storia dei Gran Premi.
Ma adesso? Adesso si prosegue nella sfida più difficile, quella di vincere il mondiale piloti, a diciassette anni di distanza dall’ultimo centro, con Lewis Hamilton, quando ancora c’era Ron Dennis da timoniere e Mansour Ojjeh da socio tacito, solo dodici mesi dopo il picco mediatico (e giuridico) dell’orrenda Spy story. Più che story una storiaccia in grado di spazzare via tutto.
E invece no. Tre lustri dopo, di quella McLaren argentea non è rimasto quasi niente. La terribile crisi seguente -di identità, di futuro assetto societario, quindi sportiva, tecnica ed economica, che aveva portato addirittura a mettere in vendita tutte le monoposto della collezione, alienando perfino il complesso della sede, salvo restare a lavorarci da meri affittuari-, è solo un brutto ricordo.
La McLaren è tornata Orange, dando un segnale cromatico che vuol essere soprattutto filosofico. Perché ricorda, ammicca e omaggia quello stesso arancione voluto dal leggendario e compianto Bruce McLaren, che fece la piccola Casa del tempo grande, grandissima sbancando la ricca serie CanAm nordamericana, assicurando entrate e fatturato da azienda lanciatissima grazie ai ripetuti trionfi suoi e di Denny Hulme, tanto da creare il Bruce & Denny Show.
E ora, in F1, a ben guardare, l’ipotizzato e dato quasi per certo, a metà estate, Oscar & Lando show, qualche problema lo ha.
La MCL39 resta la macchina complessivamente più costante ed efficace, però, adesso che il gioco si fa duro e i duri ballano davvero, appare chiaro che non sarà una passeggiata resistere all’onda d’urto del contrattacco finale di Max Verstappen e di una Red Bull da lui trasicnata, oltre che evolutivamente rediviva.
Quest’anno, a differenza dello scorso, il mondiale Costruttori confermato è solo metà del montepremi in palio. Perché bisogna vincere anche il Piloti e, ad ogni Gran Premio che passa, l’obbiettivo appare sempre più meritato ma non proprio facile da cogliere.
Il tallone d’Achille è tutto umano. E si chiama, appunto, Piastri & Norris, contrapposti a un Max stellare, che sta riplanando sul mondiale come un’aquila ferita ma rinfrancinfrancata, in cerca dell’impresa. Mai la McLaren, dal primo vinto con Fitti nel 1974, ha digiunato così tanto per un mondiale Piloti. Riuscire a vincerlo, dopo tre lustri di traversata del deserto, sarebbe il successo più importante di tutta la saga Orange. In bocca al lupo, ma in questo caso, non dico vinca il migliore. Sennò sembra quasi di ritrovarsi in tutt’altro tipo di Orange, nel fans club di Max, a gridare viva Verstappen. Dai, che spesso in F1 a volte vince chi ha la macchina top, quindi...
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