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18 ago 2025
Raramente un'esultanza diventa più iconica della vittoria stessa. Anzi, diciamo pure che è un caso unico. E' il caso di Vittorio Brambilla al GP Austria 1975, quello che lo vide trionfare sotto il diluvio salvo poi, un attimo dopo la bandiera a scacchi, sbattere con la vettura ormai fuori controllo.
Ma chissenefrega, di quell'errore. Anzi, per certi versi ha reso ancora più iconica quella domenica in cui, Vittorio Brambilla da Monza, seppe insegnare anche ai più grandi della categoria che cosa significasse davvero essere un mago della pioggia. Sull'acqua Vittorio aveva una sensibilità diversa, assunta, raccontava lui, grazie alle sue esperienze nel motociclismo. Perché sì, i Brambilla erano una famiglia da corsa (lo fu anche suo fratello Tino), nella maniera più trasversale possibile: Vittorio corse anche in moto, si tolse la soddisfazione di disputare una gara nel Motomondiale, classe 500cc (12° posto al GP delle Nazioni 1969) nonché di partecipare alla 200 Miglia di Imola, prima di raddoppiare le ruote. In macchina, dopo esperienze con i kart, la sua carriera fu da incorniciare: F3, F2, vittorie con l'Alfa Romeo nel Campionato Sportprototipi (quattro vittorie in otto round nel 1977, contribuendo al titolo della casa italiana) e ovviamente F1.
Già, la F1. Ci era arrivato nel 1974: per lui, classe 1937, significava debuttarvi ormai prossimo ai 37 anni. Quando ormai forse neanche ci sperava più, dopo essere andato a bussare perfino alla porta di Enzo Ferrari alla fine dell'anno precedente, che gli disse: "Vittorio, sei bravo, ma al momento una macchina per te non ce l'ho. Scegliendo Lauda e Regazzoni ho deciso un programma che dovrebbe portarmi al titolo mondiale". Il Drake, al solito, ci aveva visto giusto: ma seppe riconoscere anche le doti di Brambilla, che riuscì a trovare una strada per il 1974. Tutto merito della famiglia Ciceri, proprietaria della Beta Utensili, che investì su di lui e sull'iconica March 751, pronta ad essere dipinta di arancione.
Ai tempi, mettere su una F1 era molto più semplice: c'era il supermarket delle "kit car", andavi a comprare il cambio Hewland, il motore Cosworth e la base della macchina sostanzialmente già c'era. Brambilla si rifece a questa logica, correndo con la 741 nel '74 e poi con la 751 l'anno successivo. Niente di speciale, una macchina "economica" concepita senza pretese da Robin Herd, se non quella di poter vivere di un mercato clienti. I freni, per dire, derivavano addirittura da una F2: eppure, sotto l'acqua, quando i divari si assottigliavano ecco che anche lei, se guidata dalle mani e dal piede giusto, sapeva dire la sua. Le mani ed il piede giusto furono appunto quelli di Vittorio Brambilla, nel suo giorno da leone a Zeltweg 1975. Doveva essere il giorno del primo match point iridato di Lauda, si trasformò in un giornata drammatica per l'incidente nel warm-up di Mark Donohue, finito a sbattere causa problema alla gomma: finirà in coma per poi morire qualche giorno dopo. La gara partirà lo stesso, e sarà la giornata della vita di Vittorio Brambilla: sotto il diluvio, dall'8° posto in griglia, Vittorio si prenderà il lusso di battere anche i più grandi, vale a dire Lauda, Hunt, Fittipaldi, Peterson, Regazzoni, girando in alcuni passaggi secondi e secondi più veloce. Causa troppa pioggia, la gara verrà interrotta dopo 29 dei 54 previsti, quando il "Gorilla di Monza", come lo chiamavano gli anglosassoni, viaggiava con quasi mezzo minuto di vantaggio. Quindi la bandiera a scacchi (punti dimezzati), l'esultanza, il testacoda, il brivido che la corsa potesse ripartire causa miglioramento delle condizioni meteo; poi la decisione finale dello stop definitivo e la certificazione del successo.
La gara sull'Osterreichring del 1975, del resto, è la scusa per parlare di Vittorio Brambilla, di ciò che è stato, di ciò che poteva essere. Non ha mai avuto rimpianti, anche se avrebbe meritato opportunità migliori. Corse a lungo con la March, poi passò alla Surtees, fino al terribile incidente di Monza 1978, il botto che costò la vita a Ronnie Peterson: Vittorio rischiò la vita a causa della frattura del cranio, ma riuscì a salvarsi. Tornò in F1 l'anno successivo, accompagnando i primi vagiti delle Alfa Romeo 177 e 179. Si ritirò dopo due gare nel 1980, conservando, da allora, la coppa del GP Austria nella sua officina, insieme a quella carrozzeria un po' ammaccata che rendeva quel pezzo di macchina ancor più speciale. Se n'è andato nel 2001, pochi mesi prima di compiere 64 anni, a causa di un infarto mentre stava tagliando l'erba di casa. Perché Vittorio era uno che si dava da fare, come aveva sempre fatto nella vita.
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