Le Mans: 60 anni fa vinceva il pilota "fantasma"

Ed Hugus vinse la 24 Ore di Le Mans a bordo della Ferrari, ma la notizia fu rivelata solo 35 anni dopo, cronaca di una notte di nebbia in una gara storica
Le Mans: 60 anni fa vinceva il pilota "fantasma"
© Ferrari

Ilaria ToscanoIlaria Toscano

11 giu 2025

Giugno 1965. Stati Uniti e Unione Sovietica sono nel pieno della Guerra Fredda. Ma a Le Mans, nel cuore della Francia, si combatte un’altra battaglia: quella tra due giganti dell’automobilismo mondiale, Ford e Ferrari.

I protagonisti

La storia di Le Mans 1965 ruota attorno a tre uomini molto diversi tra loro, ma legati da un’impresa unica.

Jochen Rindt, l’austriaco dal talento purissimo, sarebbe diventato pochi anni dopo una leggenda. Nel 1970, morì durante le prove del Gran Premio d’Italia a Monza. Quell’anno era nettamente in testa al campionato e, nonostante la sua morte, nessuno riuscì a superarlo in classifica. Rindt è tuttora l’unico campione del mondo di Formula 1 assegnato postumo. La sua figura rimane enigmatica, geniale e ribelle.

Masten Gregory, invece, era soprannominato “The Kansas City Flash”, anche se in Europa spesso veniva chiamato “Kentucky Flash”. Era famoso per il suo stile di guida coraggioso e istintivo. Nonostante una carriera discontinua in Formula 1, fu uno dei pochi americani a vincere Le Mans.

Ed Hugus, infine, era un uomo meno noto al grande pubblico, ma molto rispettato nel paddock. Aveva una lunga esperienza nelle gare endurance ed era strettamente legato al mondo delle vetture americane. Non solo correva, ma collaborava anche con Carroll Shelby nella vendita delle Cobra. Hugus rappresentava il classico pilota-meccanico americano capace di mettersi al volante nel momento più difficile e fare esattamente quello che serviva, anche senza ricevere il merito.
Tre uomini, tre stili, tre storie diverse. Uniti per una notte nella nebbia di Le Mans, a bordo di una Ferrari destinata a entrare nella leggenda.

La disfatta dei colossi

Dopo le prime ore di gara, iniziano i colpi di scena. Le Ford GT40 ufficiali, che erano al comando, vengono colpite da problemi meccanici, stessa sorte fu quella delle Ferrari. In poche ore, tutti i protagonisti annunciati sono fuori. La corsa si apre a un nuovo scenario.

Quando il caos si stabilizza, in testa c’è la Ferrari 250 LM privata del francese Pierre Dumay, insieme al belga Gustave Gosselin. L’avevano iscritta personalmente, quasi da outsider. Dietro di loro si trova la Ferrari numero 21 del N.A.R.T. (North American Racing Team) di Luigi Chinetti, guidata da Jochen Rindt e Masten Gregory, già in rimonta dopo aver perso mezz’ora per un problema all’iniezione.

Gregory, Rindt e la notte nella nebbia

Durante la notte, la #21 comincia a girare fortissimo. Gregory e Rindt si danno il cambio con un ritmo impressionante, recuperando secondi su secondi. Ma poco prima dell’alba, una fitta nebbia cala sul circuito, rendendo la guida un’impresa. Masten Gregory ha problemi di vista, accentuati dagli occhiali spessi che porta.
Gregory rientra ai box: non ci vede nulla, è esausto, non può continuare. È il momento di passare il volante a Jochen Rindt. Ma Rindt non si trova.
Lo cercano ovunque. Si mormora che fosse poco interessato alla gara, che fosse arrivato in ritardo per problemi contrattuali, c’è chi dice persino che avesse prenotato una cena a Parigi per la sera stessa, nel pieno della corsa. Verità o leggenda, non si saprà mai. Ma il dato certo è uno: Rindt non era ai box al momento di salire in macchina.

La comparsa di Ed Hugus

È qui che entra in scena Ed Hugus. Il pilota non era lì per caso, in origine avrebbe dovuto correre anche lui a Le Mans, ma la vettura non fu completata in tempo. Venne quindi iscritto come pilota di riserva per la NART.

Una corsa nell’ombra

Hugus gira forte, sicuro, e recupera ancora tempo sui leader. Alla fine del suo stint, rientra ai box e riconsegna il volante. Tutto sembra normale. Se non fosse che, per i report ufficiali, Hugus non ha mai guidato quella macchina.

Secondo il regolamento, un pilota di riserva poteva sostituire un titolare solo se quest’ultimo fosse uscito definitivamente dalla gara. Ma Rindt e Gregory tornarono a guidare. Quindi Hugus non poteva essere registrato.
Hugus salì quindi in macchina senza annuncio, nel buio della notte, mentre tutti credevano che fosse Gregory. Il buio, la stanchezza e l’atmosfera rilassata dei controlli fecero il resto. Fu una sostituzione fantasma.

La vittoria

La gara prosegue. Al mattino, la Ferrari di Dumay e Gosselin fora una gomma. La #21 del N.A.R.T. passa in testa. Malgrado alcuni problemi meccanici, riesce a resistere fino alla bandiera a scacchi.

Un team privato batte Ford, batte Ferrari ufficiale, e lo fa con una 250 LM, una vettura sulla carta meno evoluta dei prototipi in gara.

In alcune immagini dell’epoca, si vede Hugus guidare la macchina al box per accompagnare Rindt e Gregory al podio. Ma nei registri ufficiali, il suo nome non c’è.

La verità, 35 anni dopo

Per decenni, nessuno disse nulla. Hugus stesso tacque. Ma nel 2005, un anno prima della sua morte, scrisse una lettera. Raccontò quella notte, quella chiamata imprevista, la nebbia, la responsabilità, e il silenzio durato 35 anni.

Le Mans 1965 fu l’ultima vittoria Ferrari nella 24 Ore fino al 2023. Ma è anche il teatro di una delle storie più misteriose e affascinanti dell’automobilismo.

Ed Hugus, l’uomo che corse nell’ombra, senza nome né gloria, ha fatto parte di un’impresa leggendaria. Un pilota che, nella notte più nebbiosa, salvò una Ferrari destinata al trionfo. Un eroe dimenticato, che il mondo ha scoperto solo quando era quasi troppo tardi.

 

 

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