Sarà stata la conformazione del circuito di Monza, i suoi lunghi rettifili e le staccate mozzafiato. Sarà stato forse che nessuno dei grandi in pista aveva qualcosa da perdere. Saranno state magari le condizioni meteo, con un cielo perfetto che ha evitato “pit stop” imprevisti. Sarà stato, perchè no?, il meraviglioso pubblico capace di "caricare" come nessun altro. Fatto è che il Gran Premio d’Italia è stato combattuto, avvincente e coinvolgente come in Formula 1 non capitava da tempo.
Monza è stata una corsa d’altri tempi in cui si sono mescolati coraggio, abilità, orgoglio, classe, intelligenza. L’autodromo lombardo è una pista completa, vecchia maniera, mica quelle robe tutte uguali e senza anima disegnate dall’architetto Hermann Tilke. A Monza non si scherza, si viaggia a 340 km/h, si piega alla prima di Lesmo che è ancora una signora curva. Si sfida la velocità. Ci si getta alla caccia della scia di chi precede. Come accadeva una volta, in un’epoca neppure lontana quando la Formula 1 non era nella mani degli strateghi del muretto dei box e la competizione si vedeva soltanto in pista.
Il coraggio. L’immagine di Sebastian Vettel che affianca Fernando Alonso al Curvone, all’esterno, mette due ruote sull’erba, tiene giù il piede e supera lo spagnolo alla variante della Roggia prendendo la testa della corsa, resterà nella storia della Formula 1. Hai voglia a dire che con quel missile lì, la Red Bull, sia tutto facile. Non aveva bisogno della vittoria, il tedesco. Eppure non ha esitato a rischiare per acciuffarla. Perfetto.
L’abilità e l’orgoglio sono stati quelli di Fernando Alonso, strepitoso in partenza con uno spunto eccezionale che dal quarto posto lo ho portato al comando della gara; e abilissimo nel finale a resistere al ritorno di Lewis Hamilton, alla caccia del terzo gradino del podio. Alla sua Ferrari, e a se stesso, lo spagnolo ha chiesto il massimo, e forse qualcosa di più. E lo ha ottenuto.
La classe si chiama Michael Schumacher, un signore che di ne anni ne ha quasi venti in più di Vettel, che ha messo in bacheca 7-titoli-7 di campione del mondo della F.1, che si è ritirato e avuto il coraggio di rimettersi in gioco. Niki Lauda gli aveva consigliato, non più tardi di una quindicina di giorni fa, di smetterla con le corse. Non ha più nessuna possibilità di tornare in alto, aveva tagliato corto l’austriaco. A Monza, nel giorno in cui il mondo ha ricordato le vittime dell’11 settembre 2001, Michael ha lottato, eccome ha lottato, per le posizioni che contano, nel piano nobile della gara. È stato, il tedesco, un fuoriclasse nel duellare senza esclusioni di colpi con Lewis Hamilton; che in confronto al “Kaiser” è ancora un ragazzino.
Il “Barak Obama” della F.1 ha impiegato una dozzina di spettacolari giri per superarlo. E quando ci è riuscito, Schumacher ha tirato nuovamente fuori gli attributi – che qualcuno credeva ormai fossero un ricordo – li ha messi sul muso della Mercedes e con una manovra capolavoro si è ripreso orgogliosamente la posizione, che poi era la terza, mica roba da centro classifica. E Lewis ha dovuto ricominciare da capo con gli assalti. Chissà come sarebbe finita se Ross Brawn non avesse avvertito Schumacher di evitare lo “zig zag” prima delle curve. Ha dovuto lasciare via libera a Hamilton.
L’intelligenza è stata quella di Jenson Button, l’inglese che di sè ha sempre un profilo basso ma in gara è di un’intelligenza superiore. È spesso nel posto giusto al momento giusto. Chi continua a liquidare il suo titolo iridato 2009 come effetto della competitività mostrata a inizio stagione dalla Brawn Grand Prix – oggi Mercedes – è meglio che la pianti. Il sorpasso su Schumacher all’esterno della Ascari ha avuto dell’incredibile. A Monza, ancora una volta, Button ha fatto vedere di essere un pilota implacabile. Intelligenza allo stato puro.
Non è affatto un caso che sul leggendario stradale di Monza i primi cinque del GP d’Italia siano campioni del mondo: Vettel un titolo quasi due, Button uno, Alonso due, Hamiltom uno, Michael Schumacher sette. Non ci sono stati outsider, in quella parte di classifica. La sfida è stata terreno di caccia della nobiltà della Formula 1. È curioso, ma i sorpassi più spettacolari – Vettel su Alonso, Button su Schumacher, Schumacher su Hamilton – sono stati eseguiti senza l’ausilio dell’ala posteriore mobile, che avvantaggia chi attacca e non può essere invece usata da chi si deve difendere. Sono stati dunque sorpassi autentici, fatti col piede, la precisione e il coraggio. È anche per questo che Monza 2011 è stata una bellissima corsa d’altri tempi.
Voi che cosa ne pensate?
(FotoSuttonImages)