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F.P.
25 ago 2025
Ancora cinque mesi e sarà tempo dei primi giri in pista delle monoposto 2026, con la sessione privata di test a Barcellona. Si aprirà una fase tecnica estremamente diversa da quella attuale, sia sul fronte aerodinamico che, soprattutto, su quello delle power unit, chiamate a produrre metà della potenza massima di sistema attraverso il motogeneratore elettrico.
Honda, a inizio anno, sottolineava le sfide dello sviluppo di una power unit in cui è “tutto nuovo. Ci serve un motore che sia molto compatto e produca 355 kW (oltre 480 cv; ndr). Poi serve una batteria molto leggera e non è così semplice svilupparla, inoltre, da un motore piccolo deve arrivare una grande potenza. È tutto molto difficile ma stiamo facendo del nostro meglio”.
A lungo, sul tema del recupero energetico, si è discusso di scenari critici, come la necessità che i piloti dovessero andare il lift and coast sui rettilinei di alcune piste. Una criticità superata, secondo il responsabile monoposto FIA Tombazis. Resta la necessità di attuare un recupero energetico di molto superiore ai valori attuali, per alimentare il MGU-K tre volte più potente rispetto a oggi.
Il tema del recupero energetico chiama in causa, inevitabilmente, anche gli impianti frenanti. Intervistato da The Race, il responsabile clienti F1 di Brembo, Andrea Algeri, ha anticipato come le squadre stiano sviluppando idee e approcci sostanzialmente diversi e soprattutto sui freni posteriori, dove il fornitore ha ricevuto specifici target dai singoli team sul comportamento e l’effetto frenante prodotto dai dischi.
“(…) Abbiamo ricevuto un target dalle squadre dove ci chiedono un tipo di coppia frenante e desiderata sulle dimensioni. Noi progettiamo il miglior sistema frenante entro i limiti indicati. La ragione per cui hanno alcuni numeri non ci è chiara, abbiamo visto alcune eccezioni che, se saranno corrette, si dimostreranno delle soluzioni molto furbe. Viceversa dovranno rifare l’impianto frenante dopo pochi test o poche gare”.
Il dimensionamento dei freni posteriori va nella direzione di dischi molto più piccoli rispetto alle specifiche odierne, affidando al MGU-K - più di quanto non avvenga già oggi e sin dall’introduzione del primo Kers in Formula 1 - il compito di rallentare la monoposto. Su diametri e spessore “abbiamo visto scelte estreme, sono molto piccoli e questo vuol dire che le squadre ritengono che sull’asse posteriore non freneranno affatto o lo faranno solo in pochi casi”, spiega Algeri. “Ci aspettiamo che in alcune curve non verranno usati affatto i freni, perché la frenata si farà con altri sistemi. Su altre curve saranno molto stressati”.
Le esigenze di recupero energetico e le strategie attuate dai team potranno riscrivere anche le valutazioni dei circuiti più o meno impegnativi sull’impianto frenante: “Avremo piste dove oggi i freni sono molto sollecitati che potrebbero diventare circuiti con un impegno medio e viceversa”.
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