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29 lug 2025
Il Gran Premio del Belgio ha rappresentato un passaggio chiave per la Ferrari, con la SF-25 che ha mostrato segnali concreti di progresso grazie agli ultimi aggiornamenti. Ma Spa non è soltanto un banco di prova tecnico: per Charles Leclerc è un luogo dal valore emotivo enorme. È lì, nel 2019, che ha ottenuto la sua prima vittoria in Formula 1, proprio con la Scuderia che sognava fin da bambino. Un traguardo che ha sancito l’inizio del suo cammino da protagonista nel team di Maranello.
Soprannominato il predestinato, Leclerc è l’immagine della passione Ferrari. Un legame affettivo profondo lo unisce allo scudetto giallo Modena: per lui, non si tratta semplicemente di vincere, ma di farlo con la Rossa. Un obiettivo che richiede una fede incrollabile nei propri mezzi. Per sognare così in grande e lavorare ogni giorno per conquistare i propri obiettivi, è importante avere una grande fiducia in se stessi. Ed è una caratteristica comune a tutti i 20 piloti in griglia, ma non è qualcosa che si dà per scontato fin dall’inizio.
Intervistato nel podcast Go Wild di Puma, Leclerc ha svelato alcuni retroscena sulla sua infanzia a Monaco e sul primo contatto con la F1: “È una vita molto più semplice di quanto sembri. Quando pensiamo a Monaco, pensiamo subito al GP, al tennis, agli eventi, alla festa, al glamour... Ma la realtà è molto lontana da tutto ciò. Monaco in realtà è come un piccolo villaggio. Siamo solo 8 o 9 mila residenti, ci conosciamo tutti, cresciamo nelle stesse scuole. Sembra un paesino”. E proprio quel paesino, con il rombo dei motori in sottofondo nei giorni di scuola, ha alimentato un sogno fin da piccolo: “Il primo giorno di scuola, sentivo i motori in sottofondo. Volevo solo finire le lezioni e correre a vedere le macchine”.
Avere un sogno, però, non basta. Servono determinazione, lavoro, e la capacità di affrontare i momenti di incertezza. “In realtà, ho avuto molti dubbi. Non è stato un percorso facile. Non è che ho iniziato la carriera dicendo: ‘Ok, sono bravo, ci arriverò’. Magari fosse stato così, ma no. Ci sono stati momenti in cui pensavo che sarebbe stato molto più difficile del previsto”, ammette Leclerc. Un’insicurezza che suona insolita in un mondo spesso raccontato solo attraverso grande fiducia in se stessi e aggressività, ma che lo rende ancora più umano. Eppure, anche nei momenti più duri, Charles non ha mai mollato: “Ho sempre creduto che, se avessi dato il massimo in ogni cosa sotto il mio controllo, prima o poi un’opportunità sarebbe arrivata”.
Nel motorsport, però, non basta talento e impegno: “In questo sport non basta il talento o il duro lavoro: serve anche una parte che non puoi controllare, ovvero i soldi per costruire una carriera”. È qui che entrano in gioco i sacrifici, in particolare quelli familiari: “I miei genitori hanno fatto tanti sacrifici per farmi iniziare con i kart. Ma molto presto, non avevano più soldi per sostenermi”. Quando i fondi finiscono, anche la passione può sembrare a rischio. Serve qualcuno disposto a credere davvero in te.
“Per fortuna, alla fine del 2010, Nicolas Todt – che oggi è il mio manager – ha cominciato a finanziare tutta la mia carriera fino alla Formula 1. Quel giorno ho capito che, se facevo tutto bene dalla mia parte, il sogno poteva davvero diventare realtà”. Quella fiducia è stata la scintilla decisiva. Da lì, Leclerc ha costruito passo dopo passo la sua scalata verso la F1, portandosi dietro la stessa grinta, lo stesso talento e la stessa promessa: vincere. Ma non con chiunque. Con la Ferrari.
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