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17 lug 2025
Quando se ne andò, ormai 30 anni fa, se ne andò consapevole di essere ancora il numero 1 di sempre. Perché quando chiuse gli occhi, quel 17 luglio 1995, Juan Manuel Fangio era ancora il re indiscusso delle statistiche, almeno per quanto riguarda il numero di titoli iridati vinti: 5.
Michael Schumacher, il primo che lo avrebbe superato arrivando a sette, all'epoca ne aveva vinto a malapena uno ed era lanciato verso il secondo. Lewis Hamilton, l'altro uomo che lo avrebbe superato agganciando a quota sette proprio Michael, aveva 10 anni e la sua carriera in monoposto doveva ancora cominciare. Juan Manuel Fangio invece, sereno, se ne andava poche settimane dopo aver compiuto 84 anni, nella consapevolezza di essere stato un sopravvissuto della sua epoca. Lui, figlio di due italiani della provincia di Chieti emigrati in Argentina, delle corse aveva vissuto l'epoca più pericolosa: aveva conosciuto la morte già da relativamente giovane, quando dava l'assalto alla Carrera Panamericana nel tentativo di essere qualcuno; e qualcuno lo divenne, vincendo titoli a ripetizione nel neonato mondiale di Formula 1.
Per cominciare, per sbarcare in Europa, aveva trovato ospitalità nella famiglia di Achille Varzi: da lì in poi avrebbe corso, sfidato e battuto i migliori della sua epoca, tra cui Alberto Ascari, un avversario per il quale ha sempre nutrito il massimo rispetto. Con l'Italia, per origini e passaggio, aveva un legame, a maggior ragione dato che tre dei suoi cinque titoli li ha vinti con case italiane (con Alfa Romeo nel 1951, con Ferrari nel 1956 e con Maserati l'anno successivo, dopo l'intermezzo del biennio 1954-55 con Mercedes, anche se nel '54 aveva corso due gare con Maserati), ma Juan Manuel Fangio era un argentino purissimo, per indole e tempra. Un carattere forte, talvolta spigoloso, che lo portò a scontri nientemeno che con Enzo Ferrari, un altro tutt'altro che tenero quando si trattava di fare braccio di ferro.
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