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Duello rusticano tra Verstappen e Norris, con il patatrac finale che spalanca le porte alla gioia di Russell e della Mercedes; tanti rimpianti per la Ferrari
1 lug 2024
Con il passare delle gare sprint, soprattutto le prime, non solo i vecchi dinosauri brontoloni avevano iniziato ad invocare la riapertura del parco chiuso. Se ne accorsero subito in tanti, che il parco chiuso dopo una sola sessione dava più svantaggi che benefici allo spettacolo. A poco a poco, la voce è giunta a chi di dovere: ed al quarto anno di sprint, finalmente si è tentato qualcosa con il parco aperto tra gara sprint e qualifica vera e propria.
Il nuovo format aveva debuttato a Shanghai ed a Spielberg ha dato ancora i suoi frutti. Perché la sprint è e resterà una scelta televisiva con le forme della forzatura, ma almeno adesso può raccontare qualcosa di più. Ed al GP d'Austria qualcosa lo ha raccontato, in primis come possa essere diversa una F1 in cui si può girare di più, in cui il "riscaldamento" delle prove libere, da paragonare a qualsiasi altro sport in cui si dedica molto più tempo alla preparazione prima della competizione, possa giovare alla competizione. Poche ore tra sprint e qualifica, cambiamenti “sprint” negli assetti perché non c’è tempo da perdere tra una sessione e l’altra del sabato, ma sono comunque ore sufficienti per cambiare o eventualmente ribaltare una macchina con il lavoro ai box.
Dopo la gara sprint Leclerc ha chiesto aggressività nelle scelte di assetto a costo di prendersi rischi, Hamilton ha parlato di lavoro verso le regolazioni di Russell, addirittura Verstappen, nonostante la pole e la vittoria nel formato sprint, aveva chiesto interventi. L'unica che si era trovata più vicino al limite del suo potenziale era stata la McLaren, che infatti ha guadagnato meno con gli interventi a metà della giornata di sabato: i 4 decimi rimediati sabato pomeriggio non sono tutti riconducibili al caldo, perché le temperature non erano così diverse rispetto alla qualifica di venerdì. Pochi gradi in più al sabato, ma niente che potesse stravolgere gli equilibri.
Piuttosto, era stata la Red Bull a guadagnare qualcosa di più nel lavoro nel parco aperto. Se la Red Bull non ha vinto domenica, è stato perché il secondo cambio gomme, contrariamente al solito, non è stato “sprint”. Perché alla fine, il punto nevralgico della domenica, è proprio questo: senza una seconda sosta lunga, Verstappen e Norris non si sarebbero mai trovati ingaggiati.
Nel primo stint, con gomma media e pieno di serbatoio, la RB20 aveva dimostrato di averne di più, con un cuscinetto di vantaggio creato immediatamente nei primissimi giri. Norris non ha neanche giocato la carta dell’undercut (parentesi: Max non è stato sanzionato per unsafe release sia grazie ai dati telemetrici sia perché il tempo complessivo in corsia box di Lando è stato due decimi meno dell’olandese, segno che non ha dovuto rimetterci troppo tempo), copiando i giri di fermata della Red Bull. Lo stint centrale aveva raccontato un equilibrio un po’ più marcato rispetto alla prima parte di gara, magari in parte dovuto anche al cambio di mescola, con Max e Lando entrambi su hard. Poi il secondo pit-stop, quello decisivo: quello che ha creato l’effetto domino per il patatrac finale.
Il primo errore stagionale ai box è costato carissimo alla Red Bull: Max è stato fermo sulla piazzola di sosta per 6”5 contro i 2”9 di Norris, ed in totale ha perso 4”4 in corsia box: l’olandese è stato in pit-lane per 25”841 contro i 21”411, un segno che al di là della sosta più lunga l’inglese è stato anche più aggressivo in ingresso della pit-lane, perché ha guadagnato altri 8 decimi oltre ai secondi guadagnati direttamente nella piazzola del pit-stop. Nel giro d’uscita, infine, l’atto finale che ha dato il via alla battaglia: l’errore di Max in curva 4. Con un vantaggio che era già sceso a circa 2”5, è bastato un bloccaggio per far sì che Norris si avvicinasse per entrare definitivamente in zona Drs.
Perché la Red Bull non è riuscita più a fare la differenza come nel primo stint? Per una serie di motivi. Nel terzo stint Lando è riuscito a non perdere il Drs perché aveva in primis una media nuova contro la media usata di Max (McLaren perfetta nella distribuzione dei set nell’arco del weekend), la quale ha fatto la differenza proprio nei primissimi giri dello stint, quelli fondamentali per entrare in zona Drs. Rispetto ai primi giri di gara (fatti in quel caso a parità di gomma: media nuova per entrambi), c’era dunque una differenza di gomma a favore di Norris ed anche un quantitativo di benzina diverso, perché la Red Bull, non da oggi, ha qualcosa in più nei giri con il pieno di carburante. Aggiungiamoci le temperature: dai 48° C dell’asfalto al via si era passati ai 44° C del finale (dati Pirelli), pochi gradi ma comunque favorevoli a McLaren, fortissima sempre ma ancora più a suo agio al calare delle temperature. Ed una volta preso il Drs, su questa pista è praticamente impossibile toglierlo a chi insegue se le prestazioni delle auto sono simili. L’unico problema per chi insegue potrebbe essere dato dal surriscaldamento di gomme e freni, ma su una MCL38 che le gomme le gestisce alla perfezione e che non ha avuto il minimo problema di temperature interne, tali problemi non si sono presentati. Da lì, è nato poi il duello che tutti sappiamo come sia finito.
Una F1 dunque ricca di spunti non solo per le lotte tra i piloti, ma anche sul piano tecnico. La RB20 e la MCL38 sono le regine di questo mondiale e sono loro, al momento, le candidate a spartirsi le prossime vittorie. Già Silverstone sarà una bella sfida: da casa Red Bull a casa McLaren, ormai è sfida totale.
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