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19 ago 2025 (Aggiornato alle 15:33)
Questo numero di Autosprint è un inno al motorsport italiano. Uno splendido come eravamo (forti). E anche un brutale come non saremo più (forse). Accade nel 1975 ed è un vero e proprio miracolo all’italiana. Tripletta tricolore. Cinquant’anni fa l’Italia diventa padrona del mondo delle corse. Ferrari, Alfa e Lancia regine del pianeta nelle rispettive categorie: F.1, Mondiale Sport Prototipi e Mondiale Rally. Tre Case automobilistiche italiane dettano legge. Vincono ovunque. Tutti gli altri arrivano dietro, possono solo leggere la targa. Il Belpaese era il punto di riferimento planetario delle corse e quasi non ce ne rendevamo conto. Sembrava tutto naturale, tutto scontato. Il trascorrere del tempo ci dirà che certe imprese di “normale” non avevano assolutamente niente, tanto che, adesso, difronte a un presente tanto diverso e spesso tutto in salita, le rimpiangiamo terribilmente e abbiamo ancora la voglia di raccontarle perché sono state l’innesco per l’esplosione di grandi passioni. E allora allacciamo le cinture e lasciamoci trasportare sui meravigliosi crinali della nostalgia. Col piede destro premuto fino in fondo sull’acceleratore si viaggia in pieno sui sentieri tortuosi ma inebrianti dell’amarcord. Vicende da gustare a tutto gas col cuore (non certo in gola) ma gonfio di quell’orgoglio tricolore che in quegli anni era il vero detonatore di certe imprese che sono rimaste impresse nelle memoria collettiva. Dirlo adesso sembra solo una meravigliosa fantasia. Ma è tutto vero. Ferrari, Alfa Romeo e Lancia: campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo.
A luglio in Austria arriva il primo titolo iridato. Le 33 TT 12 fanno saltare definitivamente il banco nel Mondiale Prototipi. Quel giorno a Zeltweg il box del Biscione tracima d’entusiasmo. Il presidente dell’Alfa Romeo Gaetano Cortesi dichiara: «È una vittoria che onora il nostro sport e il nostro marchio in particolare. Il merito tecnico è dell’Autodelta, magistralmente guidata dall’ingegner Chiti: è una vittoria questa che ci accomuna tutti. Sono arrivato da poco in Alfa (novembre 1974) ma spero di aver portato fortuna anche perché mai come in questo momento, le vendite per la nostra casa vanno bene». Poco distante Carlo Chiti ha gli occhi lucidi dalla commozione. Il “maledetto toscano” si è levato una bella soddisfazione dopo anni: «Abbiamo vinto con anticipo questo campionato del mondo e credo che lo abbiamo meritato conquistando 6 vittorie su 8 gare e un secondo posto. Credo basti a dimostrare la validità della nostra macchina».
All’indomani della festa per l’iride c’è anche uno scambio di telegrammi tra Maranello e Milano. Enzo Ferrari scrive a Gaetano Cortesi: «La conquista del campionato mondiale marche rinverdisce il glorioso passato dell’Alfa Romeo alla quale sono legato dal ricordo di vent’anni vissuti al Portello. Fra tanti compiacimenti accolga presidente la mia filiale attestazione». Pronta la risposta di Cortesi al Drake: «Il suo messaggio odierno ha vivamente toccato tutti noi, memori del suo passato contributo alle affermazioni e tradizioni dell’Alfa Romeo. Ricambiamo tutti, con i più affettuosi tifanti auguri per la sua vittoria finale nella F1. Questi successi sono simbolo dell’industria automobilistica italiana e della capacità di tutti coloro che vi lavorano».
L’aritmetica certezza della conquista dei titoli iridati (piloti e costruttori) viene certificata a Monza nel GP d’Italia. È apoteosi nel tempio della velocità per quel titolo che il Drake aveva atteso da undici anni. È un Mondiale dominato dalle Rosse. La doppietta firmata Regazzoni-Lauda incendia l’entusiasmo. Enzo Ferrari che segue tutto da Fiorano si commuove. Il Paese impazzisce per quel successo che rende la F1 ancor più popolare nello Stivale. Due giorni dopo al ristorante Cavallino a Maranello il Grande Vecchio chiama a raccolta i giornalisti «per ringraziare la stampa anche per le critiche che hanno contribuito al felice esito della stagione». Poi racconta: «Ho guardato la corsa in televisione. Si vede meglio che dai box. La vittoria a Monza non è che sia stata la più esaltante. È un po’ come una cosa che si attende per molto tempo. L’importante è che, dopo aver conquistato un alloro, non bisogna sentire il vuoto. Bisogna impegnarsi per uno nuovo. Le emozioni sono quelle che si provano ogni volta che si corre. Ovviamente questa volta c’era un’attesa un po’ più accentuata, però io ero abbastanza tranquillo visto come si era avviata la corsa e vista la forma smagliante nella quale si trovava il nostro Regazzoni. Poi, soprattutto, conoscendo il carattere di Lauda che è un “ragioniere del rischio”. Niki per me è professionista serio. È un uomo che agisce secondo calcolo preordinato, la sua più grande passione è la macchina, vive per la macchina, è un ragazzo molto ordinato. Lui fa per calcolo quello che altri possono fare per entusiasmo. Ma lui ha sempre un punto di vantaggio sugli altri, si prepara coscienziosamente la macchina. A Monza ha seguito Regazzoni senza problemi. Poi c’è stato quell’attacco di Fittipaldi. Lauda doveva preoccuparsi di Reutemann e dal box gli segnalavano il distacco su Carlos non su Fittipaldi. Non interessava quello a lui. Niki ha corso per vincere il campionato del mondo».
A novembre il tris iridato è servito. In Corsica la Lancia conquista il secondo titolo consecutivo nel Mondiale Rally con la formidabile Stratos, capace di vincere su ogni tipo di fondo: asfalto, terra, neve, ghiaccio e verglas. È una vittoria pianificata a tavolino dopo un inverno che ha sancito la fine dell’ostilità all’interno dello stesso gruppo. Nel gennaio del 1975 è nato a Torino il comitato guida attività corse della Fiat che ha come obbiettivi la riduzione delle spese e della lotta interna tra Lancia e Fiat che nella stagione precedente hanno gareggiato allo spasimo per la conquista del titolo. Il giovane avvocato Luca Cordero di Montezemolo ne diventa il direttore generale. Fiat e Lancia hanno le loro organizzazioni separate per i rally, ma il rampante bolognese controlla entrambi i programmi oltre al suo posto di direttore sportivo della Ferrari. «Per la prima volta il gruppo della Fiat ha deciso in favore di una politica delle corse, perché nel passato la Fiat e la Lancia si sono fatte concorrenza nei rally in tutto il mondo e hanno speso un sacco di denaro e delle volte hanno ottenuto dei risultati inferiori per questa ragione - racconta Montezemolo in quei giorni - Abbiamo dato come traguardo alla Lancia il campionato del mondo rallies e alla Fiat il campionato europeo. Li abbiamo divisi e abbiamo fatto ogni sforzo in due diverse direzioni senza che si facessero la guerra e quest’anno abbiamo ottenuto buoni risultati con la Fiat che ha vinto l’Europeo e la Lancia che ha conquistato il Mondiale e la Ferrari il titolo iridato in F1. Per un gruppo come la Fiat questo successo è fantastico e non credo che nel passato un gruppo automobilistico possa aver raggiunto un tale risultato».
Racconta Daniele Audetto: «Cinquant’anni fa era tutta un’altra Italia: Ferrari, Alfa Romeo e Lancia al top nei campionati iridati e noi che ci vivevamo dentro e ne eravamo gli artefici non ce ne rendevamo conto, era tutto così normale». A riguardare adesso quei trionfi di normale non c’è proprio niente. Trattasi di grandi imprese dello sport dentro a un mondo che non c’è più in un Paese che non ha più l’antica passione. Sono giorni di gloria per il motorsport all’italiana che adesso andiamo a rivivere intensamente nelle pagine di questo numero.
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