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La McLaren di Stella è opposta a quella di Dennis

© Getty Images

C’è una terza classifica nella quale la McLaren è nettamente al comando, sola, irraggiungibile, con un divario per ora incolmabile su tutte le rivali ed è quella dello stile. Altro che fischi da sotto il podio monzese a Lando Norris: chi la F.1 la respira e la vive per quella che è, sa che tutta la compagine Orange non si trova in testa nettamente al Piloti e al Costruttori per caso, fortuna o talento infinito di un solo personaggio chiave, ma grazie a un complesso, oliato e perfetto meccanismo di squadra. Fatto non solo di una monoposto praticamente perfetta, competitiva ovunque, rispettosa con le gomme e mai critica, ma anche di un’organizzazione e di una codificazione di rapporti improntate al massimo rispetto di ciascuna persona, all’interno di una strutura piramidale quanto a responsabilità ma orizzontale per fiducia e comprensione delle possibilità e delle capacità di ognuno.

McLaren, una mosca bianca nella F1 attuale

Visitare, vivere una mattinata di un weekend di gara l’ambiente McLaren è un’esperienza teoricamente impossibile ma se sperimentata tale da dare un feedback del tutto particolare. Un clima di operosità serena, di perfetta sincronia delle mille componenti umane e tecnologiche. Una sorta di miracolo sportivo e psico-strutturale che non può che avere al centro Andrea Stella, il Team Principal, e Zak Brown, il Ceo, ossia l’amministratore delegato.

Il concetto di fondo, davvero rivoluzionario, per certi versi, è quello di avere una struttura in grado di rispettare pienamente l’armonia dei singoli, di concedere a ciascuno il suo spazio all’interno di una zona di impegno, quindi di onore e oneri, realizzando una squadra iperattiva, armonica, compatta e, per quanto possibile, felice.

Sì, felice. Perché l’Arancia Meccanica in F.1 è ora il posto che più di tutti sembra improntato a misura d’uomo, fornendo possibilità massime e anche, se possibile e giusto, perfino seconde opportunità. La F.1 è uno spietato tritacarne? Stella & Brown sono lì per dimostrare il contrario: se tutti adempiono al proprio micro e macro compito in modo opportuno ideale, non c’è bisogno della libbra di carne dello shakespaeriano Mercante di Venezia, perché crediti e debiti possono essere serenamente onorati all’interno di un concorde meccanismo di autoaggiustamento interno.

Pensate, una squadra di F.1 secondo copione è il posto più spietatamente giusto per veder sorgere controversie, mentre il metodo Stella sta trionfando presentando una situazione del tutto moralmente opposta. Un top team può diventare luogo di virtuosa compensazione, di interscambio di informazioni tra piloti ma anche di scambio di posizioni e favori, secondo un criterio di valori e giustizia interna che fa della credibilità dell’autorità la vidimazione e la garanzia del sistema.

Perché le McLaren di Stella rispettano massimamente non solo le gomme ma anche le persone, in un pianeta F.1 altrimenti troppo spesso orgogliosamente e baldanzosamente mangiacristiani. Qualcosa va storto nel corso del Gp d’Ungheria 2024? No problem, le cose si mettono a posto in corsa. La perequazione a 350 all’ora esiste.

Tutto bilanciato tra Norris e Piastri

Qualcosa si rimette strano in gara a Monza 2025, con una prelazione di pit-stop ceduta da Norris a Piastri per permettergli di ridifendersi da un ipotetico undercut di Leclerc? Tranquilli, ecco un altro swap compensativo e le cose sono a posto, così si va tutti a casa tranquilli.

A oggi la McLaren di Stella & Brown nella storia della F.1 è una delle poche Case in grado di permettersi un monomarca sereno e privo di ordini di scuderia nell’assegnazione del mondiale Piloti, con delle regole d’ingaggio molto limitate. Della serie, non fate cavolate, portate le macchine a casa e poi, all’interno di questo, sfidatevi e divertitevi quanto vi pare. Possibilimente sorridendo, prima, durante e alla fine del cimento.

In questo e per questo la McLaren di Stella & Brown sta realizzando qualcosa di più grande rispetto al sistema di Ron Dennis. Dispotico, verticistico, sorta di massa critica di talenti infiniti tra tecnici e piloti, vedi Barnard, Murray, Nichols e piloti del calibro di Senna e Prost, ma puntalmente destinato a finire a scintille, spesso con spietate e rusticane disfide interne alla Ok Corral. Qui no. I piloti sono allevati in casa. Vitaminizzati, coccolati, istruiti e adusi a fidarsi. Il sistema è nato, anzi, rinato, velocemente ma a mattoni, uno dopo l’altro. Non ci sono semifinali in corso, paventate eiezioni, esclusioni nell’aria, intringhi rinascimentali. Da due anni e mezzo McLaren non è sul mercato e non si sa neanche quando avrà intenzione di ritornarci. È qualcosa di molto simile al paradiso terrestre di un team di F.1, visto che costoro non hanno solo sfornato le macchine più veloci, costanti e meglio costruite del mondiale, edificando in due stagioni e mezzo anche uno stupendo modo di affrontare le sfide.

Per questo di fischi a Norris non è neanche il caso di stare a parlare. Gli orange, tutti compresi, con Stella, Brown, il supertecnico Marshall e i piloti in cima, meritano solo applausi a scena aperta, per le lezioni che stanno dando. Di corse e di vita.