Se volevate un esempio di cosa la McLaren non avrebbe mai voluto vedere quest’anno, Zandvoort è stato l’esempio perfetto. Perché nella Woking delle “pari opportunità”, sia strategiche che tecniche, una macchina che si ferma è lo scenario peggiore: ora che il Costruttori è in cassaforte, avrebbe dovuto cominciare il “vero” mondiale tra Oscar Piastri e Lando Norris. L’Olanda, invece, rischia di sbilanciare totalmente il campionato.
McLaren, interferenza non voluta
Non è finita, per niente. Ma è un parziale che può pesare, e di questo McLaren si rammarica. Nessun dolo, ci mancherebbe: ma basta un attimo per far crollare il castello idilliaco di una squadra che ora, dopo tanta fatica, vorrebbe gustarsi la lotta intestina senza favoritismi. A volte, un po’ malignamente, la McLaren è stata dipinta come la squadra del “Mulino Bianco”: dichiarazioni di stima, affetto, collaborazione e via dicendo. Se da un lato non è propriamente l’immagine dei “cattivi” che si vorrebbe vedere in una lotta per il campionato del mondo, dall’altro lato si tratta di un capolavoro gestionale di Andrea Stella e Zak Brown: perché non è facile mantenere un’armonia del genere in un mondo spesso spietato come quello della F1, a maggior ragione se i due candidati al titolo condividono lo stesso tetto. Eppure, Stella e Brown ci sono riusciti: chapeau. Proprio per questo, come ha detto Stella, è “doloroso” il ritiro di Norris: perché in un contesto di supremazia tecnica schiacciante, è proprio l’ultima cosa che a Woking avrebbero voluto. “Vogliamo lasciare a Lando e Oscar lo spazio per giocarsi le loro carte secondo il loro potenziale, senza interferenza del team, anche nella forma dell’affidabilità”, ha spiegato Stella come mantra del credo-McLaren. Solo che nelle corse, a volte, succedono gli imprevisti.
Dicevamo che non è affatto un mondiale chiuso. Un guasto tecnico può succedere anche sulla vettura di Piastri, e poi mancano ancora troppe gare per vedere, in un divario di 34 punti (su un totale di 249 ancora disponibili, sprint comprese), una montagna impossibile da scalare. Il problema, per Lando, può essere il fatto che finora lui e Oscar, pur guidando con stili differenti e preferenze differenti, alla fine spesso convergano nel bilancio prestazionale: e questo equilibrio non aiuta chi deve inseguire.
Sfuma la quinta doppietta consecutiva
E’ un paradosso che la doppietta non sia arrivata in una delle gara in cui la MCL39 era stata più dominante. Sin dalle libere 1, Zandvoort si era confermata pista McLaren: le curve da media velocità, numerose in Olanda e terreno di caccia ideale per le vetture papaya, non avevano lasciato scampo a nessuno. Il sogno di raggiungere la quinta doppietta consecutiva (mai successo nella storia del team) è sfumato a 7 giri dal termine, macchiando una corsa che le MCL39 erano state in grado di dominare. Se il distacco non è mai diventato esorbitante, è perché ci sono state troppe interruzioni per far diventare il gap inesorabile: ma le MCL39, per dire, hanno corso tutta la gara con una mescola di svantaggio (anche se, alla lunga, la mescola più dura pagava, soprattutto nel lungo primo stint) rispetto a Verstappen, così come nel finale: all’ultima ripartenza i primi inseguitori avevano una soft usata contro la hard usata di Piastri, eppure Oscar guadagnava comunque su tutti. Toto l’ha chiamata “un’umiliazione per tutti”, ed ha ragione: una superiorità tecnica pazzesca. La MCL39 ha carico, bilanciamento, stabilità, gestione delle gomme: un repertorio impeccabile. Ha tutto, questa McLaren: anche il desiderio di dare ai suoi piloti il massimo delle “pari opportunità”. Solo che, a volte, non basta neanche la volontà: nelle corse, è così.