Nel panorama della Formula 1 contemporanea, pochi nomi dividono il pubblico come quello di Lewis Hamilton. Venerato da milioni di tifosi, detentore di numeri da record, ma anche bersaglio di chi vede nei suoi successi il frutto di una superiorità tecnica più che di talento puro. Tra questi, c’è Jacques Villeneuve. Il campione del mondo 1997, senza troppi filtri, ha espresso nel podcast The Red Flags un’opinione netta sul confronto tra Hamilton e Fernando Alonso.
“Tra Alonso ed Hamilton sceglierei Alonso perché Hamilton ha troppi bassi. Non è la quantità dei mondiali, se guardi ad ogni stagione ci sono sempre 2,3,4 gare in cui stava completamente scomparendo e dopo improvvisamente si è svegliato e ha ricominciato a vincere. E quando hai una macchina con cui… anche Bottas avrebbe vinto il mondiale se Hamilton non ci fosse stato, questo lo colloca in una posizione in cui lui è diventato soddisfatto e si è dimenticato di quando duramente ha dovuto lottare. E lo si può vedere ora: è un grande shock per lui che debba lottare duramente come la sua prima e seconda stagione. Perché il suo primo mondiale è stato fantastico, ha lottato duramente ma quando la macchina è diventata superiore ha avuto troppi anni facili e così ha sempre avuto stagioni in cui ci sono state gare in cui è scomparso, non c’era più e improvvisamente la luce si è riaccesa e ed era un killer di nuovo. E Alonso è sempre lì.”
Villeneuve accusa Hamilton di incostanza, di scomparire durante alcune fasi della stagione per poi riaccendersi solo a tratti. Un pilota capace di picchi altissimi, ma anche di pause inspiegabili. Secondo il canadese, l’abitudine alla superiorità tecnica, in particolare con la Mercedes, avrebbe in parte “ammorbidito” lo spirito combattivo del sette volte iridato.
Tra scelte sbagliate e visionarie
"Alonso ha sbagliato nel scegliere il team e prendere le scelte giuste, Hamilton ha fatto le scelte giuste al momento giusto ma allo stesso tempo non c’era modo di sapere che la Mercedes avrebbe avuto quel motore, era tanto al di sopra degli altri, quello è stata una scommessa e lui ha lavorato. Lo spagnolo è andato 2 volte vicino a vincere con la Ferrari fino all’ultima gara. La piccola differenza avrebbe cambiato tutto […] Alonso non è bravo a scegliere i team ed è molto bravo a farsi nemici anche senza team, ma come pilota è sempre sul pezzo.”
Al contrario, lo spagnolo viene dipinto come il pilota sempre presente, ma spesso vittima delle sue stesse scelte o del contesto. Villeneuve lo riconosce come il talento forse più puro, ma meno strategico nella gestione della carriera. Quando gli è stato fatto notare che Hamilton ha comunque vinto 7 titoli e battuto Alonso al debutto, Villeneuve ha rilanciato spostando l’attenzione sull’ambiente tossico in McLaren nel 2007. Il pilota ha spiegato come Hamilton e Alonso siano stati trattati diversamente in McLaren e che lo spagnolo ha dovuto combattere la sua personale battaglia da solo nel team e questo ha distrutto la squadra. La famosa stagione dello “spy-gate”, delle tensioni interne, e di un team che non seppe gestire due piloti così dominanti insieme. Villeneuve ridimensiona l’impresa di Hamilton nel suo anno da rookie, sottolineando come Alonso fosse isolato e sotto pressione in un contesto ostile.
Infine, il giudizio più pesante arriva proprio pensando al futuro di Hamilton in Ferrari, team noto per la pressione interna e l’attenzione mediatica costante: “Hamilton ha avuto l’illuminazione in Cina […] Ma quando le cose vanno un po’ male e sono difficile lui va in down e passa momenti difficili e non è un buon segno soprattutto in un team come la Ferrari. Ferrari è un team duro e devi essere davvero forte a sopravvivere a questo. Ha bisogno di una mano per ravvivare il suo incantesimo.”
Un avvertimento chiaro: Maranello non è il posto dove puoi permetterti dei cali di concentrazione. Lì ogni errore pesa, ogni parola viene amplificata, e la pressione può farti crollare o renderti leggenda.
Villeneuve, pur riconoscendo i meriti passati di Hamilton, mette in dubbio la sua resilienza mentale per affrontare una nuova sfida in rosso. Un incantesimo da riaccendere, sì, ma con la consapevolezza che il mondo Ferrari non perdona debolezze, perché, come ammesso da Villeneuve stesso, c'è la F1 e c'è la Ferrari.