All’India, la Formula 1 è piaciuta: e viceversa. E stiamo parlando, qui, del circuito. Le infrastrutture sono francamente un po’ squallide, malfatte, e fra qualche anno cascheranno a pezzi: ma il tracciato, a prima vista, è superbo, con tutte quelle variazioni di altezza (artificiali). La vista aerea sulla curva 3 è qualcosa di impressionante, con la sede stradale, alla fine della salita, che si allarga fino alle dimensioni di un parcheggio.
Peccato solo che sia mancato, in gran parte, quello per cui tutta la faccenda era stata concepita. Vale a dire i sorpassi. Ventidue in tutt, in gara, pochi rispetto ai gran premi precedenti: ma soprattutto, due terzi di queste manovre sono state portate a termine da piloti come Petrov, Di Resta e Perez, che erano partiti con le gomme dure, fermandosi a cambiarle subito. E poi si sono trovati davanti le varie Virgin e Hispania. Per il resto, poca roba. Con l’ormai lodevole eccezione delle Toro Rosso che, essendo rapidissime in rettilineo, scavalcano più di un avversario.
Possibile che una delle ragioni fosse la ricerca di assetti che non favorivano particolarmente le velocità di punta. Ormai si è capito che il carico alare “paga” più della penetrazione: e non è un caso che anche stavolta, come a Monza, Vettel fosse fra i più lenti sul dritto. Ma non è la sola ragione: il fatto è che a Greater Noida ci sarebbe voluta la formula GP2. E magari, perché no, anche la Porsche Supercup. Insomma, gare di contorno con tante vetture in pista, capaci di sfidarsi incrociando le traiettorie. E di ripulire l’asfalto che, il primo giorno, era di un uniforme, tragico colore giallo polvere.
Il territorio intorno a Delhi è desertico, le grandi piogge erano finite da un pezzo e non c’è stato tempo per ripulire a dovere la pista. il risultato è che di una sede stradale inusitatamente larga le monoposto usavano appena lo spazio di una carreggiata. Le condizioni sono migliorate molto in gara, al punto da rendere inutili le tre soste previste alla vigilia: ma a gommarsi è stata sempre e comunque la striscia in traiettoria, non il resto.
Quando Hamilton, più veloce ma fuori dalla linea ideale, ha provato a forzare il passaggio su Massa, ha dovuto anticipare la frenata. Non è servito più di tanto nemmeno il fatto di disporre di due punti distinti in cui azionare l’alettone mobile, ciascuno con la sua linea di rilevamento. In compenso, su un tracciato dallo sviluppo interessante, si sono viste maniere diverse di utilizzare il recupero di energia. Sia Schumacher che Hamilton, per esempio, hanno provato più di una volta a tenerlo staccato in rettilineo per caricare la batteria e tentare l’attacco in altri punti.
In definitiva, l’India esce promossa dalla prima edizione del suo gran premio. Speriamo che l’interesse rimanga vivo e non si spenga come è già successo altrove.
Alberto Antonini