Perché se nel contatto iniziale che ha mandato in testacoda Webber la sua responsabilità è indubbia, nell'episodio con Button sembra quasi che non sia stato Hamilton quello spiacciccato contro il muretto. Ora, si potrà discutere se Button si sia accorto o no che Hamilton aveva già messo dentro le sue ruote anteriori («Ho visto una macchia arancio nello specchietto, ma ho pensato fosse l'alettone, poi ho sentito "bang"», dichiarerà a fine gara), se la manovra sia stata dolosa o meno, se sia sanzionabile (dopotutto non ha zigzagato, pur tagliando tutta la pista) al di là che per i commissari non ci sia poi stato nulla da decidere in merito (assolvendo quindi entrambi, se non altro). Però l'unica colpa di Lewis è stata probabilmente quella di essersi accorto troppo tardi che doveva sfilarsi, più che di aver tentato un attacco improbabile. Specie nell'ottica, appunto, che prima di tutto bisogna arrivare alla bandiera a scacchi...
«Jenson ha fatto un errore all'ultima curva - racconta Hamilton - così sono riuscito ad uscire più veloce e stavo ormai passandolo a sinistra. Non so se mi ha visto o no, in ogni caso ha continuato a spostarsi finché mi sono trovato contro al muro... Ho provato a continuare perché mi sembrava solo un problema di gomma, ma dai box mi hanno detto di fermarmi perché avevo rotto la sospensione. Ma quando sono sceso mi sono accorto che non era vero, era solo la ruota».
Secondo le dichiarazioni ufficiali del team, si è trattato di un normale incidente di gara e alla fine i due si sarebbero chiariti. Ma per quanto riguarda l'urto con Webber?
«Ha frenato un po' prima di quanto mi aspettassi - spiega Hamilton - ma il vero problema è che quando sono passato sul cordolo interno, col bagnato, ho allargato un po' e sono arrivato a toccarlo».