Nico Rosberg, i 40 anni di un figlio d'arte che seppe dire basta

Ha lasciato da campione, ha affrontato e battuto gli unici due epta campioni del mondo della storia, Schumacher ed Hamilton; il 27 giugno Nico Rosberg, figlio dell'iridato Keke, spegne 40 candeline: una storia particolare, la sua
Nico Rosberg, i 40 anni di un figlio d'arte che seppe dire basta
© Getty Images

Matteo NovembriniMatteo Novembrini

Pubblicato il 27 giugno 2025, 07:31

Nella vita privata, aveva sempre avuto Vivianne: Vivianne c'è ancora, ma per lei ha sacrificato l'ultima parte della carriera. Questo in cambio dei sacrifici che lei, a sua volta, aveva dovuto fare: "Ho dovuto chiedere anche a loro uno sforzo enorme, ingiusto", raccontava Nico pochi mesi dopo il ritiro. Da poco sposati e da poco genitori, quando la piccola piangeva di notte era la mamma ad alzarsi; il padre restava a riposare, perché era troppo importante vivere a quel modo. Vinsero insieme: e dopo Abu Dhabi 2016, con lei commossa e lui ad urlare nell'interfonico, Nico disse "We did iiiiiiit". "Ce l'abbiamo fatta": utilizzò il noi.

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Un'altra idea della vita

Quel titolo resta un qualcosa di sublime. E non regge la scusa del motore rotto di Lewis a Sepang: nell'arco di 21 gare, non può essere solo sfortuna. Nico vinse perché lo meritò, quell'anno: cominciò bene il campionato, studiò di più e meglio tutti i parametri della monoposto, non sbagliò il numero di partenze cannate da Hammer. E lo lasciò così, con il titolo vinto, non più disposto a certi sacrifici, riconoscendo di essere arrivato al massimo delle sue possibilità: e mentre Lewis proseguiva nella sua rincorsa a vittorie, titoli e record, per Nico Rosberg cominciava un'altra vita. Gli anni oggi sono 40, e resta il secondo figlio d'arte, dopo Damon Hill, ad aver vinto un mondiale dopo papà; resta pure il settimo campione del mondo della storia, dopo Fangio, Hawthorne, Rindt, Stewart, Mansell e Prost a non aver difeso un titolo, per volontà propria o per circostanze. Seppe ribaltare una gerarchia interna che sembrava fissata, riuscì a sorprendere dopo aver già sorpreso: in pochi si aspettavano che potesse reggere il confronto con Lewis, ancora meno reputavano possibile strappare lo scettro ad Hammer restando dov'era.

Forse non lo ammetterà mai, ma Hamilton a quella sconfitta deve qualcosa: gli ha insegnato che il talento non può bastare, se non si è disposti fino in fondo al sacrificio. Nico Rosberg seppe farlo: e quella resta, probabilmente, la sua miglior vittoria. Ebbe poi la volontà di decidere, di cambiare, di dire basta: da bambino cresciuto negli agi, avrebbe potuto fare altro: il manager multilingue o l'imprenditore di successo, ma aveva un'altra idea della vita, quella di correre. Raggiunto il massimo, seppe scendere dalla giostra: la vita lo aspettava. Lasciò sul tavolo soldi, opportunità, forse altri successi, ma non ha mai avuto rimpianti e non è mai tornato sui suoi passi. I numeri sono rimasti quelli che furono: un titolo, 206 GP disputati, 23 vittorie. Cifre non prioritarie, non più, oggi come allora. L'unico numero di oggi, è il 40: tanti auguri, Nico.

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